Lo scoiattolo della penna

Avevo sette anni, quasi e mezzo, quando lo scoiattolo della penna si arrampicava per l’ultima volta sopra un albero e sgusciava via, dalla vita.

La prima volta che sentii il tuo nome, Italo, facevo le scuole elementari. Ero in salotto, seduta per terra vicino alla poltrona di pelle tipicamente anni Ottanta. Sulla poltrona la mamma cercava di leggermi “Il visconte dimezzato”. Ricordo le sue impressioni, come le sembrasse incredibile l’idea che aveva avuto lo scrittore, l’immagine di un uomo tagliato a metà. Invece a me del povero Visconte diviso in due non importava un fico secco! Non avevo voglia di stare lì, ad ascoltare. Volevo andare a giocare, io!
Chissà dove si trovava Calvino quel giorno, se era ancora vivo; chissà cosa disse la mamma quando sentì al telegiornale la notizia della sua improvvisa e tanto ingiusta scomparsa.

Ero troppo piccola per ricordarlo, ero troppo piccola per incontrarlo.

Eppure oggi so che per quasi sette anni e mezzo ho abitato la stessa terra in cui Pin giocava a fare il grande, la stessa terra che il Barone rampante scrutava dall’alto. Per quasi sette anni e mezzo ho vissuto nella città invisibile dove Marcovaldo gironzolava a caccia di natura; ho camminato sotto lo stesso cielo che il signor Palomar guardava con nostalgia… E forse, mentre Qfwfq giocava ad atomi insieme a Pfwpf nello spazio cosmico, io giocavo a biglie sulla spiaggia con gli amici del mare…
Ma solo oggi che non ci sei più, caro Italo, finalmente possiamo giocare insieme: con le parole. Tu, però, rimani sempre il più bravo…

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